La guerra per Roma by Lorenzo Del Boca

La guerra per Roma by Lorenzo Del Boca

autore:Lorenzo Del Boca [Del Boca, Lorenzo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni Piemme
pubblicato: 2020-07-30T12:00:00+00:00


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La rivolta di Perugia e l’impresa di Zambianchi

Esaurita la tempesta innescata nel Quarantotto, sembrò che sull’Europa e sull’Italia scendesse quel torpore capace di addormentare le volontà riformiste. Anche lo Stato della Chiesa beneficiò di un periodo di tranquillità.

I radicali del “senza se e senza ma” avevano da elencare i propri fallimenti, contare i morti e leccarsi le ferite. Gli altri progressisti (moderati) si convinsero che un progetto di unificazione del paese avrebbe potuto realizzarsi solo per via politica. Le insurrezioni – era stato dimostrato – anziché far guadagnare posizioni ne certificavano l’arretramento. Ma per governare un processo risorgimentale, occorreva una leadership che, in quel momento, non era ancora riconoscibile.

Già c’era, per la verità: viveva a Torino e si chiamava Camillo Benso conte di Cavour. Era un impiccione di genio, in grado di raccontare una quantità spropositata di bugie, affarista senza troppi scrupoli e incapace di resistere alle tentazioni della gola.

Delle inclinazioni intellettuali e goderecce l’aspetto fisico era testimonianza inequivoca. Gli occhialini tondi, a vestire gli occhietti vispi di uno che certamente non stava pensando quello che diceva, davano conto di uno in grado di ordire complotti, anche raffinati. E un corpo sgraziato, più simile a un barilotto che rotolava, indicava i risultati di una dieta disordinata. Camminava, appena appoggiandosi, su due gambette striminzite che, più che sostenerlo in piedi, accompagnavano il suo ciondolare.

Tuttavia, a dispetto dell’estetica che lo mortificava, aveva la statura del leader, le amicizie che contavano, il coraggio e la faccia tosta per avvicinare i potenti del jet set internazionale.

Un personaggio così, se fallisce, viene indicato come “filibustiere e traditore” ma, se raggiunge il successo, entra di diritto nel pantheon dei “padri della patria”. Cavour, nei libri di storia, continua a essere indicato in positivo come «il tessitore» che ha cucito la trama dell’unità d’Italia.

A leggere le sue carte, depurandole dai riferimenti e dalle allusioni messe lì a bella posta per confondere gli interlocutori, appare abbastanza certo che lui, all’unità d’Italia (come poi è andata strutturandosi), non ci pensava proprio. Non all’inizio, perlomeno. Da torinese (sabaudo) ambiva, piuttosto, a una politica espansiva del Piemonte i cui confini si proponeva di dilatare alle sole regioni del Nord1.

In ogni caso, anche per quell’obiettivo più contenuto – pur non meno ambizioso – non era ancora il tempo.

Non era pronto lui e non era pronto il Piemonte.

Per tornare a parlare del progetto risorgimentale, dovettero passare gli anni dal 1849 al 1859 che, per la retorica dei Savoia, rappresentarono il «decennio di preparazione».

Poi venne il momento di riprendere a combattere contro l’Austria e tornò a correre l’idea del tricolore nazionale.

Un’alleanza, stipulata segretamente con Napoleone III, portò alla Seconda guerra d’indipendenza. Francesi e piemontesi combatterono a Solferino e a San Martino e piegarono le armate di Vienna. Gli austriaci cedettero la Lombardia (a eccezione di Mantova che era una città fortificata).

Con sotterfugi che meriterebbero di essere meglio analizzati, alcune squadracce, al soldo dei Savoia, inscenarono rivolte negli staterelli dell’Italia centrale, con il risultato di mettere in fuga il granduca di Toscana e i duchi di Modena e Parma-Piacenza-Guastalla.



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